giovedì 21 marzo 2013

Intervista a Francesca Verginella, autrice di Luna e Hope Alaska



Cari lettori,
prima di tutto scusate se sono stata poco presente in questi giorni ma ho ripreso a scrivere ed il tempo è sempre quello che è ^_^; detto questo vi ho già parlato di quest'autrice recensendo uno dei suoi titoli: Hope, Alaska. Ecco dopo averlo letto mi è venuta la curiosità di conoscerla meglio e dalla nostra chiacchierata è nata una piccola intervista. 

Conosciamo meglio Francesca Verginella ... 


Nota Biografica:

Scrivo dall'età di 19 anni: il mio primo romanzo (il mio preferito) è stato un fantasy, pur non essendo io una grande lettrice di questo genere. Poi sono venuti i corti ed altri romanzi che si ispirano alla vita contemporanea. Ho partecipato a qualche concorso letterario, ma non ne ho vinto nessuno. Ho cercato allora di farmi conoscere dalle case editrici (grandi e piccole), anche passando per le agenzie letterarie. Le valutazioni erano solitamente buone, ma ho sempre rifiutato di pagare per essere pubblicata. Negli anni ho capito un paio di cose sull'editoria e così ho rinunciato. Poi ho letto di Smashwords su un giornale ed ora sono qui, grazie anche a mio marito (perchè io e i computer veniamo da due Universi diversi, paralleli, che mai si incontreranno). Ho altri romanzi che aspettano di essere completati ed ora ho trovato un nuovo stimolo per proseguire il mio lavoro. Spero vi piaceranno.
 
Intervista:





1) Visitando il tuo sito ho visto che sei una persona poliedrica: scrittura, artigianato, cucito, cucina; come riesci a coniugare tutto?

R) Sono tutti interessi che sono nati in momenti diversi della mia vita. Quello che chiamo artigianato, quando a 6 anni pasticciavo con colori, dash, perline, ecc. mia madre lo chiamava far cianfrusaglie. In realtà mi piaceva fare regalini ai miei amici per natale o i compleanni, una scatolina con le iniziali, una collana, degli orecchini, una statuina in tema. Oppure un enorme torrone dipinto su un pezzo di marmo per il mio amico che lavorava nella fabbrica di torroni e che di torroni non ne poteva più. Poi ho scoperto la cucina, grande passione di mia madre, che con amore me l'ha insegnata. Oggi, come mamma e moglie, ho la possibilità mettere in pratica quotidianamente quello che prima era solo un momento di creatività culinaria. Attorno ai 15 anni ho imparato a cucire, inizialmente più per necessità che per piacere: dovevo sempre accorciare l'orlo dei miei jeans. Poi però, visto che il sangue non mente (mia nonna è sarta), mi è nata la passione ed ho finito, molti anni dopo, con il cucire il mio abito da sposa. La scrittura l'ho amata da subito, ovviamente prima solo da lettrice, e mi sono sempre piaciuti generi letterari molto diversi tra loro. A 19 anni ho scoperto di essere capace anche di scrivere libri: è stata una sorpresa, ma anche un amore a prima vista.

2) La tua passione più forte è la scrittura? Cosa significa per te scrivere?

R) La scrittura è certamente la mia passione più grande. Quando ho incontrato la scrittura ero giovane e, inizialmente, non sapevo che quello che avevo iniziato sarebbe diventata una fantastica avventura che continua ancora oggi. Per me è una grande valvola di sfogo, un luogo in cui incanalare tutta la mia fantasia ed energia che nella vita reale a volte non riesco ad esprimere totalmente. Certo, quando ho iniziato pensavo che tutto quello che scrivevo sarebbe poi rimasto nel mio cassetto. Al massimo avevo immaginato che uno o due amici lo avrebbero letto. Avere pubblicato i miei libri, oggi, mi rende molto orgogliosa e motivata a proseguire con questa mia passione.

3) I tuoi libri appartengono a genere diversi, quale preferisci?
R) Mi stai facendo una domanda alla quale non è facile rispondere. "Luna", il fantasy, è stato il mio primo libro. Scritto a penna sui quaderni. Sudato e travagliato, ma allo stesso tempo genuino e istintivo. L'ho scritto in un momento particolare della mia vita e non può non occupare uno spazio particolare nel mio cuore. "Hope, Alaska" è stato il secondo libro che ho scritto (il primo scritto direttamente al computer). In un certo senso rappresenta una sfida con me stessa: dopo averne scritto uno dovevo dimostrare a me stessa che sapevo scrivere anche altro. Inizialmente non ne ero così convinta. La storia raccontata ne "Le età di mezzo" riprende episodi reali della mia vita e di quella di mia madre. E' un libro che qualcuno ha giudicato troppo sentimentale, ma che per me è la sintesi del rapporto d'amore... l'amore con la A maiuscola. I racconti brevi sono schegge di folli pensieri che inizialmente mi svegliavano la notte. A poco a poco ho riordinato quelle schegge in piccoli scritti ai quali sono molto legata. Da questi poi sono nati "Il Cerchio" e "Grigio", duplice risultato di un esperimento narrativo unitario. Mi chiedi dunque di scegliere chi amo di più tra i miei figli? Non ci riesco!

4) Leggendo “Hope, Alaska” si percepisce che scrivi da anni, la narrazione è ben padroneggiata, la mia curiosità riguarda l’ispirazione di questa storia, da dov’è nata?

R) Non ero ancora convinta di essere una vera scrittrice e temevo sinceramente di aver esaurito la mia vena artistica con "Luna". Poi ho letto di un concorso letterario, bisognava scrivere un romanzo rosa il cui limite era di circa 130 pagine. Mi sembra fosse organizzato addirittura dalla "Harmony" (sto parlando di cose del secolo scorso). Così ci ho provato, inizialmente con poco entusiasmo perchè non ero una lettrice di questo genere letterario. Invece mi sono sorpresa ad appassionarmi alla storia d'amore che avevo inizialmente delineato per sommi capi. La svolta arrivò quando mi venne l'idea di rivitalizzare un po' il clichè alla "Harmony" con una bella vendetta: volevo che la protagonista non fosse solo pronta alla rivalsa per un torto subito, ma anche che provasse un po' di gusto ad essere "cattiva" con chi se lo meritava. Da quel momento il libro si è scritto praticamente da solo e ho dovuto faticare per farlo rientrare nelle 130 pagine. Il risultato è stato quello che hai visto, abbastanza lontano dallo stile Harmony.

5) E la scelta di Hope come ambientazione?

R) Volevo dare alla storia una connotazione internazionale. Gli Stati Uniti sono stati subito la mia prima scelta perchè sono da sempre visti dagli italiani come un luogo in cui tutto può succedere, se uno davvero crede in quello che fa. Non volevo però la solita ambientazione di una megalopoli tipo New York (quella che vedevo in molti film e telefilm targati U.S.A.). Così ho scelto Boston (che piccola non è, ma è sicuramente meno sfruttata come scena di un libro) e poi ho privilegiato l'Alaska. Luogo che pochissimi conoscono bene (neppure io, lo ammetto) e che perciò potevo rivestire di mistero. Prima ho scelto il nome del paese , Hope (speranza) perchè credo che nel libro tutti i personaggi sono guidati dalla speranza di vedere i propri sogni (anche d'amore) realizzati. Poi ho scoperto che esiste davvero un paese con questo nome (che fortuna!). A cambiare poi la vita della protagonista è stata la natura selvaggia e la bufera di neve: una volta che sei bloccata in un luogo ristretto e senza alcuna possibilità di comunicare con l'esterno non puoi far altro che fare i conti con te stessa.

6) In questo libro sono ben dosati: passione, amore, rabbia e una rivincita tutta al femminile, quanto di Francesca c’è in Sara?

R) Molto. Anche io cerco nei legami affettivi (famiglia, marito, amici) una sorta di coperta in cui abbozzolarmi per sentirmi tranquilla e sicura. Per mia fortuna mi sono fidata di persone migliori di quelle che ha incontrato Sara: la poverina si è ritrovata la coperta stretta al collo. Fortunatamente non ho mai dovuto vendicarmi di qualcuno. Se qualcuno non si comporta bene nei miei confronti tendo a lasciar perdere anche perchè, fino ad ora, nessuno è riuscito a toccare profondamente i miei affetti più cari. Quindi non sono vendicativa, ma solo perchè mi è mancata l'opportunità. Credo però che le persone che fanno del male agli altri meritino di subire una punizione: almeno per essere messe in ridicolo ed espiare così le loro colpe, tra le risate di tutti. Insomma, Sara è riuscita ad esprimere quella sana cattiveria che io ho dentro di me, ma che non ho mai (ancora) avuto occasione di manifestare. 

Ringrazio Francesca per il tempo che mi ha dedicato.
 

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